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Lo psicologo: luoghi comuni e pregiudizi.
Quando si sente parlare dello psicologo spesso emergono luoghi comuni e pregiudizi: si può immaginare di stare sdraiati sopra un lettino a parlare in presenza di un esperto che prende appunti in maniera più o meno misteriosa; si può pensare di trovarsi davanti a qualcuno in grado di leggerti nel pensiero e di capirti meglio di quanto tu possa fare; si può credere che sia qualcosa adatto a malati mentali o a persone gravemente disturbate; si può temere che durante il percorso si cambi a tal punto da non riconoscersi più.
…Rilassiamoci, la psicologia, secondo il nostro approccio, non è nulla di tutto ciò…
Come e perché inizia un percorso psicologico?
Un percorso psicologico prende forma a partire dagli specifici bisogni di chi ne fa richiesta, si parte insomma da alcune semplici domande: “Cosa dovrebbe succedere in lei e nella sua vita per potersi ritenere soddisfatto?” “Cosa ostacola il suo benessere e il raggiungimento dei suoi obiettivi?” “Di cosa ha bisogno?”. Questi sono gli interrogativi cui pazientemente e delicatamente si cerca di rispondere durante i primi incontri.
I bisogni personali sono potenzialmente infiniti, si declinano in modo irripetibile e speciale per ognuno di noi, a seconda delle differenti esperienze passate, caratteristiche personali e situazioni di vita. Tuttavia, potrebbe risultare utile raggrupparli per tipologie:
– bisogno di ridurre/eliminare sensazioni corporee spiacevoli o sintomi psicosomatici (tachicardia; respirazione irregolare; sensazioni di vuoto; debolezza e mal di testa cronici senza causa medica; alopecia;psoriasi…)
– bisogno di regolare stati mentali disturbanti (pensieri intrusivi; emozioni travolgenti; confusione mentale e disorientamento; senso di agitazione o impotenza…)
– bisogno di rendere più efficace il proprio funzionamento in relazione agli altri e a specifici contesti (difficoltà a stabilire relazioni
sicure e soddisfacenti; disagio persistente quando bisogna affrontare situazioni sociali, famigliari o lavorative; problemi ad alimentarsi in modo equilibrato; dipendenze…)
– bisogno di rimodellare l’immagine di se stessi (senso costante di sfiducia e fallimento: senso di insoddisfazione e vulnerabilità…)
Stabilire quali sono i bisogni prioritari costituisce il passaggio fondamentale per la formulazione degli obiettivi terapeutici e l’inizio della psicoterapia.
Cosa succede durante un percorso psicologico?
Durante un percorso psicologico ci si apre al cambiamento, facilitati dalla relazione con un altro essere umano. Il cliente, unico esperto di se stesso, mette in gioco le proprie motivazioni, indicando i bisogni e gli obiettivi da raggiungere. Lo psicologo rende disponibile la sua sensibilità, le competenze professionali e gli strumenti del mestiere. Assume un atteggiamento cooperativo, invitando la persona ad esplorare se stesso attraverso nuove lenti di osservazione, e propone di sperimentare modalità inedite di relazionarsi con se stessi e con il mondo. Questi presupposti permettono di portare gradualmente alla luce le tendenze automatiche del cliente (corporee, emotive, cognitive, relazionali e comportamentali) che costituiscono fonte di sofferenza oppure ostacolano una piena realizzazione di sé, integrandole con altre più funzionali, flessibili e in armonia con i propri bisogni.
Quanto dura e quando si conclude un percorso psicologico?
La durata di un percorso psicologico non è definibile a priori, il tempo necessario può variare da qualche mese ad alcuni anni, a seconda del ritmo con cui si realizzano i processi di consapevolezza e cambiamento atteso. Tuttavia, è sempre possibile monitorare l’andamento del percorso, ipotizzando con buona probabilità quanta strada si è fatta e quanta è ancora da percorrere. Nonostante il cliente conservi la facoltà di interrompere il trattamento in qualsiasi momento, il percorso può ritenersi concluso nel momento in cui gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti. Ciò significa che quanto scoperto insieme allo psicologo è stato interiorizzato ed è quindi possibile portare con sé i frutti dell’esperienza relazionale e del lavoro svolto, sperimentandoli in autonomia nel corso della propria vita.
Cosa c’è nella stanza dello psicologo?
La stanza è attrezzata con due poltroncine, un tavolino basso e due sedie separate da una scrivania. Psicologo e cliente possono concordare, di volta in volta, quale assetto e quali posizioni risultano più confortevoli al fine di favorire il processo di esplorazione e cambiamento.